La Thailandia mi ha completamente rapita, d’altronde come molti altri paesi. Ma avendo delle visioni della vita molto simili a quello che è il pensiero buddhista, ci ho lasciato un pezzo del cuore e, da amante degli animali che sono, non potevo non scrivere un post per sensibilizzare i miei lettori su un tema che mi è sempre stato a cuore: lo sfruttamento degli animali a scopo di intrattenimento.
Oggi vi parlo dei miei amici elefanti. Dico amici perchè ho veramente un amico elefante: si chiama Arun, un esemplare maschio di circa 37 anni, salvato dai campi “Ride an elephant”.
Il maestoso elefante è stato a lungo il simbolo nazionale della Thailandia e un tema importante nella sua mitologia, letteratura e arte.
Per decenni sono stati utilizzati nell’industria del legname, ma questo ruolo tradizionale è quasi scomparso con il declino dell’industria del disboscamento, dovuto alla repressione del disboscamento illegale. La diminuzione delle opportunità di lavoro ha portato la maggior parte degli elefanti da lavoro e dei loro mahout a cercare lavoro nel turismo. Si stima che in Thailandia siano tenuti in cattività circa 3.000 elefanti, la maggior parte dei quali lavora nei campi turistici.
Per decenni sono stati utilizzati nell’industria del legname, ma questo ruolo tradizionale è quasi scomparso con il declino dell’industria del disboscamento, dovuto alla repressione del disboscamento illegale. La diminuzione delle opportunità di lavoro ha portato la maggior parte degli elefanti da lavoro e dei loro mahout a cercare lavoro nel turismo. Si stima che in Thailandia siano tenuti in cattività circa 3.000 elefanti, la maggior parte dei quali lavora nei campi turistici.
Alcuni campi hanno abbandonato la cavalcata degli elefanti per passare ai cosiddetti spettacoli, che offrono ai turisti esibizioni e opportunità di fare foto con loro.
Oltre ai maltrattamenti fisici, molti in cattività soffrono anche di stress psicologico.
Durante il mio viaggio in Thailandia, nel Novembre del 2018, lasciata la frenetica Bangkok e arrivata nella tranquilla Krabi, decisi di far visita ad uno dei santuari della zona, dove gli elefanti vengono recuperati dai campi di attività turistiche per essere accuditi, curati, amati, e soprattutto resi liberi di fare ciò che vogliono. Il luogo in questione si chiama “Krabi Elephante Care House”. Vengono organizzate escursioni nell’entroterra con partenza dai vari hotel e max 4/6 persone al giorno. Nel pacchetto è incluso anche il pranzo dentro al santuario.
Non aspettatevi nessun lusso, si mangia sotto una tenda in un tavolo e sedie improvvisate ed il tutto cucinato rigorosamente dalle mogli dei custodi, nei fornelli da campeggio, nella pace della foresta.
Un'esperienza assolutamente da non perdere.
La visita consiste poi nel passeggiare nella foresta all’interno del perimetro del santuario con uno dei “care-taker” e avere la fortuna di trovare gli elefanti a passeggio. Noi ne abbiamo trovati due, lungo il fiume. Abbiamo avuto l’onore di entrare in acqua con loro, giocare ed io ovviamente non ho resistito ad abbracciarli.
Sappiate che un elefante, nonostante il peso e la stazza, non può trasportare più di 80 kg sulla schiena per la conformità della spina dorsale. Inoltre, la sedia che gli viene montata gli crea molto dolore causandogli delle vesciche che portano a serie infezioni. Per non parlare poi di tutto il processo chiamato “the crushing” (di cui vi evito la descrizione) atto a sottomettere l’animale per far si che obbedisca ai comandi.
Chi desidera visitare un Paese dovrebbe essere istruito su ciò che è giusto e sbagliato, avere coscienza di cosa si visita e che tipo di esperienza si sta svolgendo. Quando vogliamo aggiungere alla nostra vacanza un pizzico di avventura incontrando gli animali del posto, è sempre meglio informarsi prima su ciò che si sta decidendo di fare, pensando in primis al loro benessere (dato che siamo a casa loro) e in secondo piano per evitare di arricchire chi utilizza gli stessi animali per i suoi personali scopi di lucro.